Venerdì 26 gennaio 2024, ore 18:00. È in questo preciso momento che si aprono le porte dell’inferno. Non quello dantesco, ma quello molto più reale e quotidiano: l’assemblea condominiale.
Ci si siede, si contano i presenti, si apre il verbale. E da lì ha inizio il caos. Ma non è un caos esplosivo, fragoroso: è un disordine sottile, che cresce lentamente, serpeggia tra le frasi non dette, i sospiri pesanti, gli sguardi taglienti. È il caos della convivenza forzata, della memoria a intermittenza, dei conti che non tornano mai per tutti.
Quello che a prima vista sembrerebbe un semplice resoconto di una riunione condominiale diventa, pagina dopo pagina, il ritratto grottesco e irresistibile di una società in miniatura. Tutto ha inizio con l’illusione di poter discutere civilmente di argomenti pratici: spese straordinarie, lavori da eseguire, preventivi da approvare. Ma ben presto la realtà emerge in tutta la sua tragicomicità: ogni parola è un detonatore, ogni frase è un campo minato, ogni voto è un’occasione per far emergere antichi rancori.
L’amministratore, figura centrale e silenziosamente eroica, si ritrova a gestire non tanto l’ordine del giorno quanto l’insofferenza del vivere insieme. È lui a cercare di mediare tra chi urla e chi borbotta, tra chi pretende l’impossibile e chi diserta per principio. Ma il suo ruolo non è solo quello del gestore: è giudice, arbitro, confessore e, a tratti, bersaglio umano. Attorno a lui si muove una folla di personaggi indimenticabili: la signora che pretende di leggere ad alta voce lettere private, l’inquilina che corregge ogni parola con la furia di una linguista frustrata, il tecnico che ha sempre qualcosa da aggiungere e mai una soluzione.
E poi ci sono loro, i grandi protagonisti silenziosi dell’assemblea: i malintesi, i sospetti, le vendette sottili e gli ego smisurati. Ogni intervento cela una storia passata, una ferita mai rimarginata, un bisogno di essere ascoltati in un mondo che ha sempre troppa fretta.
Ma non è solo un susseguirsi di liti e paradossi. In questo racconto c’è anche molta umanità. L’assemblea infernale non è solo una satira del condominio, è una lente di ingrandimento sulla società contemporanea. Il palazzo diventa metafora del Paese, e l’aula dell’assemblea, con le sue sedie scomode e la luce al neon, si trasforma in un piccolo parlamento dell’anima. Dove si discute, si sbaglia, si litiga e, a volte, si ride amaramente insieme.
Il libro non è un semplice verbale narrativo: è una pièce teatrale, un documento comico, un trattato involontario di antropologia urbana. Ogni dialogo è scolpito nella realtà, ogni personaggio è tratteggiato con ironia tagliente ma mai gratuita. Non c’è mai compiacimento, solo una lucida e divertita osservazione della realtà che ci circonda.
E chiunque abbia partecipato almeno una volta a un’assemblea di condominio, non potrà fare a meno di riconoscersi: nelle attese, nelle frasi ripetute all’infinito, nelle accuse trasversali, nei tentativi di portare pace, e nei fallimenti inevitabili. Perché, alla fine, l’assemblea non è solo un luogo dove si decidono lavori e spese. È il luogo dove si misurano le distanze tra gli esseri umani. Dove l’incomunicabilità prende forma. Dove il bisogno di potere, di giustizia, di riconoscimento si manifesta nella sua forma più grezza e autentica.
“L’assemblea infernale” è un libro che fa sorridere a denti stretti, che diverte e allo stesso tempo fa riflettere. Un libro dove le parole contano, i silenzi pesano, e i personaggi restano nella memoria.
Un invito a guardare il mondo con occhio più attento, a prendere sul serio anche le piccole cose, perché – come insegna questa storia – niente è davvero piccolo quando si tratta di condividere lo stesso tetto.
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